Rudolf Stingel a Palazzo Grassi, un labirinto dell’anima e una visione in argento della Laguna.
L’emozione che si prova ad entrare a Palazzo Grassi completamente foderato di moquette è pari al silenzio che subito diventa percettibile calpestandoli. Rudolf Stingel classe 1956 nella sua personale più importante mai fatta, ha caratterizzato e riempito di se i 5mila metri quadrati di spazio di questo camaleontico spazio d’arte contemporanea veneziano.
I passi sono felpati come si stesse entrando in un tempio e il tono di voce si abbassa per non interrompere quel flusso di coscienza che si è già instaurato tra il visitatore e l’opera d’arte che in questo caso è tutto quello che si ha intorno, ogni punto di vista, corridoio, soffitto e scalinata sono arte, sono Stingel.
Palazzo Grassi Stingel
La mostra si potrebbe suddividere in tre tempi, nei tempi delle sensazioni dell’artista, si inizia con il grande androne ci accoglie e dopo la sorpresa iniziale e lo smarrimento, eccolo l’autoritratto, seminascosto dell’artista, su una parete buia, di certo non notabile, il suo interesse infondo non è quello di riconoscere l’artista dal suo viso ma dalla sua opera, muta e presente, viva e silenziosa come una Sfinge che pone i suoi indovinelli. Si sale, il percorso non è obbligato, si va dove la curiosità ci trascina, il kilim o meglio la copia di un kilim stampata su una moquette è ovunque, e le tele del secondo piano sono astratte, una dedica o meglio un omaggio a Fontana che negli anni sessanta dipinse delle tele argentee come il chiaro di luna che si specchia sul Canal Grande e le espose proprio a Palazzo Grassi che all’epoca era il centro internazionale delle arti e del tessuto diretto da Franco Marinotti e in particolare la mostra Arte e contemplazione del 1961 in cui Lucio Fontana propose per la prima volta il ciclo delle sue Venezie , evocando la laguna e i colori della città.
La luna e l’inconscio, come scrive la curatrice della mostra Elena Geuna, un rapporto intimo tra la città che lo ospita, i tessuti e i ricordi che questa città lascia anche quando si è lontani. Riflessi, emozioni, ricordi questo è l’astratto di quei trittici, di quella musica che sprigionano quelle tele monocrome. E si passeggia osservando il tutto uguale del labirintico allestimento che imita nell’imperfezione delle linee il movimento dell’isola, il suo non equilibrio. Salendo l’atmosfera si fa ancora più densa, ci aspetta la parte iconografica, copie di fotografie di statue lignee che hanno colpito gli occhi e l’interesse artistico dell’artista più che la loro simbologia religiosa. Statue quattrocentesche, chiaro scuri forti, attimi di trascendenza e immagini quasi grottesche che ci avvicinano all’estetica, che ci avvicinano a ciò che ci colpisce e che vogliamo scolpire nella memoria. Straordinario è al secondo piano, il ritratto ricordo che Stingel fa del suo amico, l’artista austriaco Franz West, mancato a luglio 2012, compagno di Biennale e di vita artistica, la sua immagine sta li, nel posto d’onore quello che solitamente viene “usato” dal protagonista della mostra e che invece messo qui dona un messaggio buono e malinconico sull’amicizia nel mondo dell’arte.
Palazzo Grassi è uno spazio malleabile, si trasforma al volere degli artisti e dei curatori ma mai mostra cedimenti o perdita di personalità e questo lo rende magico e camaleontico, i tappetti, il ricordo e la cultura mitteleuropea di Stingel si incontrano con la tradizione veneziana dei mercanti e del vezzo di appendere fuori dalle finestre i loro tappeti acquistati nel Medio oriente così ricco e per questo così prezioso. Con questa monografica abbiamo l’opportunità di passeggiare su un’opera d’arte di toccarla, di sentire e ascoltare i nostri passi ed i nostri pensieri, e di fermarci per quanto tempo vogliamo per seguire quelle linee sul tappeto che potrebbero diventare ipnotiche!
Vostra I.
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