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Posts Tagged ‘Venezia’

Perché ha smesso di dipingere?”

“No perso il colore buono”

“E qual è quello buono?”

“Quello che non sussurra, è spavaldo e affronta la vita a testa”

Caro Gino

Oggi è stata inaugurata una mostra su di te, a Venezia alla galleria Ca Pesaro, e la settimana scorsa al Bailo a Treviso, due città a te care e ben conosciute vero?

Che bella la prima sala, ci siete tu, Arturo Martini, Felice Casorati, Boccioni e Balla, quante donne e che temperamento quelle signorine, che pensierosa la prostituta e che poesia la fanciulla piena d’amore di Arturo, tutte prodotte tra il 1904 e il 1913, voi che siete stati insieme il nuovo che avanza, voi che insieme avete fatto la generazione dei capesarini, i rivoluzionari!

Tu e Arturo avete vissuto tante esperienze insieme, nel 1907 tutti e due a Parigi e poi ancora insieme a Ca Pesaro dove conoscerete Nino Barbantini, giovane direttore ventitreenne che cerca di esaurire il sogno di Felicita Bevilacqua la Masa e di dare spazio ai giovani artisti veneziani non ancora conosciuti o rifiutati dalla Biennale di Venezia. Quando a te Gino, viene dato uno studio al secondo piano, proprio dove c’è la mostra, ne sei entusiasta e arrivi con le tue tele sotto il braccio, Nino capisce che sei tu, nel 1910 a portare la gioventù, quella lontana dalla belle époque, lontana dalla lentezza e dal decadentismo, la tua pittura è forte, vitale e diversa, è moderna.

Tu Gino che tanto hai amato la Bretagna vista nel 1909, ti ricordava certo le terre di Gauguin e dei Fauves, e poi alla Biennale a Venezia studi e ami Cézanne, tu che cerchi il segno e i tuoi tratti si fanno plastici e pieni di tempo e forza, tu che vai a vivere nello stesso anno a Burano per scappare dalla mondanità e dalla profumata Venezia di Selvatico.

Di te i tuoi amici dicevano sempre anima troppo sensibile, non regge il peso dell’ infelicità, e lo sappiamo è proprio la verità, la guerra, la prigionia, la miseria e l’amore lontano ti hanno tanto turbato. Questa fu la fine irreparabile della tua luminosissima presenza.

Di te sappiamo poco, cara anima gentile, la tua produzione è davvero esile, solo 130 opere, tra Venezia e Treviso vediamo le più famose, le tue più vibranti poesie in colore, le tue parole segno, che belli i tuoi paesaggi, li dipingevi libero, nei tuoi luoghi eletti: Burano, il Montello, la Bretagna e Asolo, e i tuoi alberi hanno l’anima, e si vede sai, la si vede bene.

Che brutta la guerra, la Grande guerra che si porta via un’intera generazione di ragazzi, di giovani uomini, spazzati via. Tu andrai in campo di concentramento e ne tornerai sconvolto, triste, ferito e la tua pittura ne risente cambiando, avvicinandosi al cubismo, a quel Picasso e Braque dei primi tempi, ma sempre guardando a Cézanne e coi tuoi colori che trascendono e non copiano la realtà.

Nel 1919 torni da Barbantini ma tutto è cambiato, la tua fragilità ti travolge e grazie al “Poemetto della sera” del 1923 ci lasci un testamento formale ed emotivo meraviglioso, una piccolissima tela apparentemente semplice e bucolica con animali al chiaro di luna che invece rappresenta simbolicamente la ricerca di un intero quando intorno si trovano solo pezzi, un groviglio di colori e di forme, un presagio.

Vent’anni in manicomio “il cielo si è oscurato per me, dentro di me è stata crocifissa la speranza, dentro di me ora c’è la follia“, nel 1927 vieni mandato a San Servolo poi Mogliano Veneto e poi Treviso al Sant ‘Artemio dove resterai fino a che non ti sei spento. Sempre visitato da amici che il più possibile hanno cercato di aiutarti, Martini e Comisso compresi, nel 1947 ti sei spento. Che anno questo 1947, ve ne siete andati tu, Zecchin e Martini, che destino eh? Nel 1948 la Biennale vi viene dedicata, a voi, giovani rivoluzionari del colore e del sentimento, a voi “antigraziosi ” che tanto avete insegnato e che ancora tanto avete da dire a noi.

Grazie Gino, grazie per la tua forza e le tue debolezze, per le sperimentazioni e per aver portato la Bretagna sul Montello e su Burano, te ne sono infinitamente grata.

Omaggio a Gino Rossi, Museo Bailo, Treviso 18 febbraio – 3 giugno 2018.

Gino Rossi a Venezia, Ca’ Pesaro, Galleria internazionale di arte moderna, 23 febbraio – 20 maggio 2018.

Ciao I.

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Viva Arte Viva è un titolo davvero stuzzicante, ambizioso, curato, aggiungerei pensatissimo. La Biennale arte 2017 curata da Christine Macel sta per finire, affrettatevi, perchè nonostante non l’abbia trovata scoppiettante e celebrativa è pur sempre la Biennale e per questo VA vista.

Come al solito ci sono un paio di constatazioni che devo fare prima di raccontarvi le mie impressioni e le mie debolezze:

  1. Sono sempre senza tempo “libero”, quindi mi sono fatta un  mega tour de force per vedere Arsenale e Giardini in un solo giorno, è stato faticoso e bellissimo, ho incontrato tanti amici e parlato delle mie e delle loro sensazioni, ottimo.
  2. I padiglioni esterni spesso regalano scorci e possibilità che durante l’anno non ci sono, aperture straordinarie, piccoli ma importanti restauri, nuove joint ventures da non sottovalutare, mostre ed allestimenti splendidi… non ultime le manone di Quinn in canal Grande, credo tra le opere più fotografate EVER di questa Biennale, andateci, prendete una mappa e via, sono gratis!
Lorenzo Quinn

“Support” Mani gigantesche che sostengono Palazzo Sagredo, sul Canal Grande. Eccezionali!

 

3. Portate pazienza o voi c’arrivate, che io ne ho sempre meno alle venues, son stanca di video, di piagnistei, di femminismi fuori tempo, di calzini glitter e scarpe col tacco, di bimbi piccoli in marsupi stretti che paingono e gridano PIETA’, delle parlate romano-milanesi-shabby-chic, dei mini cani da borsetta col collare di design, degli aperi-colazione-brunch-cena (…) basta. Iniziamo, via con la carrellata di foto che ho scelto per voi!

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Io le scarpe fiorite di Michel Blazy in Arsenale le ho adorate, mi fanno pensare a quanto si cammina sia metaforicamente che fisicamente per arrivare da qualsiasi parte, alla Depeche oserei dire “Try walking in my shoes”, forse ci si stalla, ci si sofferma fin troppo, si fanno le “radici”… e poi perchè no, l’idea un po’ fetish di non buttare nulla, soprattutto le scarpe preferite e di farne un cache pot per le piante in fiore…beh d’altronde dobrebbero essere traspiranti n’est pas?!

Le stoffe cucite, quello che in gergo si chiamerebbe knitting, il taglia e cuci è ancora molto in voga tra le opere biennalesche e non, a ragione direi, quando il lavoro dell’artista è ancora legato a quello dell’artigiano o della tradizione molto più semplicemente, è sempre ragguardevole e pregiato. Quantomeno, alcuni artisti ricordano di avere mani abili al lavoro creativo e non solo supporti tecnologici splendidi ma leggermente freddi.

Loro, i morbidi, soffici enormi pom-pom di Sheila Hicks, tra le installazioni più selfie-ate dell’arsenale! “Escalade Beyond Chromatic Lands” ha avuto un enorme successo, meritatissimo per l’artista ottantenne statunitense che sta ora preparando un’installazione ancora più grande da portare a NYC.

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Sheila Hicks @Arsenale

Le Maschere Mapuche sono spettacolari, l’idea della perdita che sentiamo ogni giorno delle nostre tradizioni e delle nostre origini, vengono estremizzate da questo artista cileno: Bernardo Oyarzùn. Un padiglione buio, illuminato dalle scritte di fuoco a led sulle pareti che riportano 700 cognomi della comunità, che resiste all’estinzione nonostante tutto.

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Bernardo Oyarzùn, Cile, Arsenale

Stupendo Il Padiglione della Nuova Zelanda, non lo scopro qui con foto, perchè è talmente particolare ed interessante che ve lo dovete guardare, seduti in panca!

Ai Giardini la 57esima Biennale non riserva in realtà Padiglioni stupefacenti, ahimè.

Più che nel 2017 sembra di essere agli inizi del Novecento, con mille stili, mille opere, mille fili da tirare e nessuno realmente realizzato e compiuto; una Biennale che doveva essere arte allo stato brado, puro, si presenta invece labirintica e a volte perduta.

Splendida l’idea del Padiglione Francese, arte non è solo figurativa o contettuale ma anche musa … anzi 7 muse… ecco perchè con Xavier Veilhan c’è la musica che ci accompagna durante tutto il periodo della biennale , trasformando il suo padiglione in una geometrica  “scatola” acustica in legno, con tanto di studio di registrazione, in cui si far musica ogni giorno.

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Xavier Veilhan, Padiglione Francese.

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John Waters, Study Art Sign (For Prestige or Spite), 2007. Ai Giardini -Per me un MONITO!

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Abdullah Al Saadi, Padiglione Centrale, Giardini

Dal 2016 Abdullah Al Saadi (nato nel 1967 negli Emirati Arabi Uniti e trasferitosi in Giappone, a Kyoto, dopo essersi laureato in letteratura inglese) inizia a scrivere su rotoli, conservandoli in scatole metalliche della più diversa fattispecie: alla Biennale d’Arte di Venezia si presenta con “Diary in a metal box”. Rappresentano al contempo la sua memoria e una memoria collettiva del concepimento della vita nel mondo.L’ho adorato, sarà perchè usa anche la scatola dei Baicoli, sarà perchè scrive e disegna su semplici rotoli di carta, sarà perchè teme di dimenticare…

Più cehe una nuova Biennale ho trovato alcuni artisti straordinari che mi hanno fatta pensare, ci rivedremo tra due anni, speriamo con un po’ più di coraggio di rompere gli schemi o forse solo col coraggio di parlare d’arte e basta, del suo più intimo essere e non solo del corollario.

Vostra Biennalesca I.

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Albert Einstein — ‘I believe in intuition and inspiration. Imagination is more important than knowledge.

 

In concomitanza con la Biennale d’Arte di Venezia 2017, la Fondazione Musei Civici di Venezia e la Axel & May Vervoordt Foundation presentano la loro sesta e ultima mostra progettata per Palazzo Fortuny, Intuition fino al 26 novembre 2017.

Curata da Daniela Ferretti e Axel Vervoordt e co-curata da Dario Dalla Lana, Davide Daninos e Anne-Sophie Dusselier, l’esposizione intende evidenziare e indagare i tanti e diversi modi in cui l’intuizione ha plasmato l’arte, in aree geografiche, culture e generazioni diverse. Saranno dunque riuniti artefatti antichi e opere del passato affiancate ad altre più moderne e contemporanee, tutte legate al concetto di intuizione, di sogno, di telepatia, di fantasia paranormale, meditazione, potere creativo, fino all’ipnosi e all’ispirazione.

 

La parola intuizione deriva dal latino intueor (composto da in «dentro», + tueor «guardare» = «entrar dentro con lo sguardo»). È l’ “illuminazione” che apre all’uomo nuovi sguardi e ispirazioni. La mostra indaga il ruolo dell’intuizione nella nascita e nello sviluppo dell’arte in diversi paesi, culture, epoche, mettendo insieme opere antiche, moderne e contemporanee.
Palazzo Fortuny questa volta ci aiuta nell’interpretazione e prende una forma “antropomorfa” per leggere la mostra che di per se non ha inizio né fine:  il piano terra potrebbe essere il nostro legame con la tradizione, con la terra, le origini; il primo piano o piano nobile, l’appartamento di Fortuny è il piano della mente, dei movimenti automatici, della fase rem dei sogni, della ricerca di finire l’infinito; il secondo piano ha la peculiarità di un incontro importante, qui si incontrano corpo e mente, la creatività ed il mettersi alla prova; mentre al quarto piano, mozzafiato e splendido sottotetto, c’è tutta la poesia della terra e della materialità insieme con la trascendenza dello spazio wabi e delle bricole della laguna.

 

Il percorso si apre al piano terra con una serie di notevoli menhir del periodo Neolitico, provenienti da antiche civiltà mediterranee. Potenti “sculture” che testimoniano i tentativi di primi anonimi artisti di mettere in collegamento due mondi, di creare una relazione immediata tra terra e cielo. Ma la medesima forza e la stessa intensità la si può trovare nei lavori presentati di Chung Chang Sup, Anish Kapoor e nelle installazioni di Marina Abramovic e di Nicola Martini che esplorano la relazione tra sostanza e apparenza, materia e percezione.

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 El Anatsui e Masaomi Raku

L’interesse dei Surrealisti per l’inconscio costituirà un importante focus dell’esposizione. La loro fascinazione per i sogni, per la scrittura e il disegno automatici e per lo stato di alterazione dell’”io” saranno rappresentanti in mostra dai ‘dessins communiqués’ e ‘cadavres exquis’ di André Breton, André Masson, Paul Eluard, Victor Brauner – tra gli altri – insieme agli esperimenti fotografici di Raoul Ubac e Man Ray, e alle opere su carta di Henry Michaux, Oscar Dominguez e Joan Miró. Questa eredità si rifletterà anche nei lavori di Robert Morris, William Anastasi, Renato Leotta e Susan Morris, aristi contemporanei che, dal 1960, hanno fatto rivivere rivistandolo e aggiornandolo l’interesse surralista per l’automatismo, giungendo a nuovi risultati formali e tecnici. Il secondo piano di Palazzo Fortuny sarà interamente dedicato a queste “scritture automatiche”.

 

“Ciò che sempre parla in silenzio è il corpo” Alighiero Boetti

L’ultimo piano della casa-atelier di Mariano ospiterà una suggestiva installazione performativa – definita dalla partecipazione del pubblico che contribuisce a trasformarla – dell’artista coreana Kimosooja.

 

In “Archive of the Mind” il visitatore è invitato a modellare pezzi di argilla a forma di sfera, avvolto da una performance sonora in cui si sente l’artista mentre fa rotolare analoghi oggetti. Il momento meditativo e persino spirituale di ciascun visitatore viene congelato per sempre nelle sfere di argilla finite. Vi prego, prendetevi 5 minuti, scegliete l’argilla che più vi aggrada e sedetevi, il lungo tavolo ellittico è l’ per voi, non state facendo né il pane né la pizza, state pensando a voi stessi, al vostro mondo, al vostro piccolo o grande universo. Fate la vostra pallina e mettetela dove volete, non lanciatela, nessuno vuole che il proprio mondo venga gettato… posizionatela in una galassia a voi cara o solamente ad una galassia/punto che vi faccia sentire bene, lavatevi le mani.

Avrete così preso parte ad un’opera site specific che resterà unica, per sempre.
Vostra Intuitiva I.

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Anish Kapoor, White Dark VIII, 2001.

 

Info per la visita

Orari 10-18 (ultimo ingresso ore 17) chiuso il martedì

Biglietto 12€ intero, 10€ ridotto

Per visite guidate http://fortuny.visitmuve.it

 

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A novembre di questo 2014 non festeggerò l’ennesimo anniversario nella mia bella Venezia, questo novembre sarà vita nuova, nuova città. Son arrivata qui a fine del 1997, curiosa e un po’ triste nel lasciar casa e gli amici… ora è lo stesso, curiosa ma triste di lasciar la casetta sui tetti e gli amici, anche se il cuore resterà qui col mio lavoro e quindi è un cambio meno radicale da qualche punto di vista.

La mattina non passeggerò tra le calli ma ci arriverò poi col treno che diventerà mio amico (…) la mia arte, i musei, i colori mi aspetteranno non svaniranno senza salutarmi, lo so.

Questa è l’ultima settimana di vita veneziana, chi lo sa, magari è l’ultima di questa fase di vita e ce ne sarà un’altra più avanti, per ora però, senza illusioni so che le scatole vanno chiuse, gli abiti che non uso regalati, le mille cosine raccolte in questi anni donate ai bimbi, qualche libro lasciato in ufficio… e lunedi si parte e si va perchè di la del ponte ci sei tu ed è con te che inizierò una nuova vita e questo è bello.

Fa sempre paura cambiare tutto, ci si sente soli solo perchè si lasciano tutte le sicurezze, tutte le ovvietà, tutti i punti fissi e quelli cardinali, si lasciano i propri tempi, i propri modi di fare e di rilassarsi. Io non conosco il pendolarismo, non prendetemi per snob, non lo sono, solo avevo deciso di vivere nella città dove studiavo prima e dove lavoro adesso. La città più fragile e bellissima e a portata di uomo di tutti. La città bella e per questo maltrattata e non curata, tanto non serve nell’eternità di un tramonto in Laguna… Venezia ti lascio per amore, so che mi capirai.

Carlo Goldoni lasciandoti scrisse “Una delle ultime sere di carnevale” io riesco solo a scrivere due righe una sera di ottobre, senza senso, perchè le parole non tremano come la voce, ma il sentimento è quello, anche se so che nessuno potrà portarmi via i miei ricordi, le mie felicità, i miei momenti magici.

Dante parla della mia nuova città nel Paradiso e la cita “dove Sile e Cagnan s’accompagna” (Paradiso, IX, 49).

Io spero non sarà troppo dura e che verrò accolta nonostante il mio essere sia buffo e forse anti convenzionale, nonostante sia abituata ad uscire esattamente come sto in casa se mi occorre qualcosa senza badarci troppo, alla mia veneranda età è complicato cambiare ma se ci rispettiamo, mia cara nuova città, ci stimeremo. Lo so.

E poi a differenza dell’altra volta, stavolta non sono sola, ci sei tu e la piccola Ella e una piccola grandissima novità che vi racconterò… a tempo debito.

Un’emozione alla volta

Vostra I.

Riproduzione di 4 disegni di Canaletto, raffiguranti Campo San Giovanni e Paolo a Venezia, ottenuti con una camera oscura. (Venezia, Gallerie dell’Accademia) 4 drawings by Canaletto, representing Campo San Giovanni e Paolo in Venice, obtained with a Camera obscura. (Venice, Gallerie dell’Accademia)

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Kraljević, il pittore dell'anima @Ca Pesaro, Venezia

Miroslav Kraljević: At a cafetable in the garden, Paris 1912, Indian ink, quill pen.

Miroslav Kraljević (Gospić 1885 – Zagabria 1913) una delle personalità chiave della pittura croata della prima metà del XX secolo. Alla sua morte prematura (avvenuta a soli 27 anni a causa di una grave forma di tisi) si devono sia il numero relativamente esiguo di opere realizzate, sia la fascinazione che la sua arte ha avuto sull’arte moderna croata. Kraljević orientò la bussola degli artisti croati da Vienna e Monaco di Baviera (frequentate entrambe per perfezionare la propria educazione artistica) a Parigi, dove ricavò un nuovo potenziale iconografico e, così facendo, portò le correnti moderne e avanguardiste a Zagabria già all’alba del XX secolo.

In mostra una selezione di venti opere dell’artista croato – meglio noto come il pittore dell’anima – tra dipinti, disegni e guazzi, che vanno a colmare una lacuna storico-artistica per il pubblico italiano, documentando e focalizzando uno degli aspetti più importanti della sua attività, quello dei ritratti e degli autoritratti dipinti nella cosmopolita città di Parigi o nell’intimità delle dimore patrizie nella natia Požega e restituendo al contempo un artista sorprendente per finezza espressiva e abilità tecnica.

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Fernand Léger a Venezia!

Artista dall’aspetto di un boxeur inglese, schivo, solitario eppure unico nel suo genere. Un genio del XX° secolo per intelletto e modernità, uno spirito libero innamorato dell’arte in tutte le sue forme: teatro, cinema, decorazione murale, architettura, tutte presentate alla grande mostra a lui dedicata al Museo Correr in Piazza San Marco! Da non perdere!

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Buongiorno... e domani vacanzina!

Fortunato Depero, Bacio a Venezia, 1906

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E tra poco a Venezia arriva Lei...

Quando, nel caffè dei Deux-Magots, aveva notato Dora Maar, una bruna molto avvenente, Picasso aveva cinquantaquattro anni e un ciuffo beffardo sulla fronte…

Dall’8 marzo al 14 luglio 2014
Palazzo Fortuny, Venezia

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Dirsi arrivederci di lunedì....sperando che sia presto già sabato...

Barene, laguna nord, Venezia

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Scuola Grande di San Marco, vale davvero la pena una visita!

Scuola Grande di San Marco in Campo SS Giovanni e Paolo, particolare del soffitto ligneo del 1495 eseguito da Pietro e Biagio di Faenza. Le sale del Capitolo e dell’Albergo sono aperte dal Martedì al Sabato dalle 9.30 alle 13 e dalle 14.00 alle 17.00.

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