Tornando a casa dopo una giornata di lavoro non particolarmente felice, consideravo che dovrei: fare la spesa, iniziare ad emozionarmi perchè è quasi natale, gioire delle bellissime giornate che questo dicembre frizzante e luminoso ci stà regalando, comprare l’ovatta per confezionare i regalini che mi ero messa in testa di fare, scrivere i biglietti (ormai siamo davvero old fashioned noi che lo facciamo ancora), organizzare le mie prossime giornate ottimizzando tempo/soldi/energie/dentista e molto altro… ed invece mi son trovata lì, a guardarmi dall’altra parte della calle come una novella Zeno Corsini, piena di domande, di inettitudine e di sigarette.
Questo -22 a Natale non mi mette l’euforia, non mi sembra nemmeno sia così vicino, la testa è impegnata in altro, lavora per trovare risposte, sicurezza, cura, tranquillità, e non riesce a trovar il tempo per lo svago, per il dolce far niente. I problemi ci sono, i pensieri a casa anche, e pesano come macigni così grossi da atterrarmi a letto la notte e farmi dormire come al solito qualche ora.
Certo in un tutto questo trascorro ore leggere chiacchierando, giocando con la piccola Ella e facendo qualche esperimento culinario e osando fare quello che ormai è un delitto senza eguali, mangio carboidrati! Lo sto sbandierando ai quattro venti, ho alzato il sipario sul male del nostro tempo, sul temibile Pane. Lo scrivo anche con la maiuscola, vista la sua importanza, la bellezza e la bontà di questo alimento. Il Pane. Terribile avversario di diete, pancette, pranzi veloci, antagonista della vita sana per forza, della bellezza del corpo asciutto, del “sebellavuoiapparireunpodevisoffrire” al quale non aggiungerò un hashtag perchè mi sembrerebbe demente! Si è diventati divoratori di frasette, ci si trasforma in riciclatori di parole come se si vivesse in un mondo dove non può essere ricordata più di una parola chiave, ma poi il pane no. Il pane fa male. E vivere attraverso gli schermi non fa male? La nostra è sempre più una società che bada all’esserci più che al perchè c’ero e questo svuota anche gli animi più forti, è come tornare alle elementari e ai bigliettini e dimenticarsi di chiedere come stai? Ma non di chiederlo all’anglosassone, come frase precompilata, di chiederlo perchè si ha il più puro desiderio di sapere la risposta.
Ovviamente il pane è una piccola metafora casareccia per moltissime cose che accadono nella mia vita e nel mondo che mi circonda, dall’ambito culturale a quello di certe esternazioni politiche, dalla signora bionda [Ibidem] a bellicapelli [elettricista] ai quali dedico una frase molto radical chic di una bellissima ragazza, che ahinoi perdette la sua testa dorata ” Se non hanno pane, che mangino brioches”!
Vostra Panificatrice I.